Proteina 21
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Proteina 21
fonte: Luigi Cacioppo
P21
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La molecola rallenta la proliferazione, lasciando alle cellule tumorali il tempo necessario per riparare i danni a carico del loro Dna. La scoperta, fatta dai ricercatori italiani dell’Ieo, è pubblicata su Nature Il segreto dell’immortalità delle cellule staminali del cancro - quelle che lo alimentano e causano le recidive perché immuni ai chemioterapici - è stato svelato. Il loro punto di forza è la proteina p21 che ne rallenta la proliferazione, dando loro il tempo necessario per riparare i danni al Dna. In pratica, è come se queste cellule fossero in grado di ringiovanirsi indefinitamente: non invecchiano e, quindi, non muoiono. Bloccando la produzione di p21, però, è possibile renderle mortali e colpire il tumore alla radice. La scoperta è italiana e la ricerca, condotta nei laboratori dell’Istituto europeo di oncologia (Ifom-Ieo) in collaborazione con le università di Milano e Perugia, è stata pubblicata questa settimana su Nature. Le cellule - comprese quelle staminali non tumorali - invecchiano e muoiono perché accumulano danni ed errori a carico del Dna durante le divisioni cellulari. Per capire come mai questo non avvenga in una cellula staminale del cancro, i ricercatori hanno osservato cosa accade a una staminale “normale” quando si altera uno dei geni (oncogeni) che causano un tumore (in questo caso la leucemia mieloide acuta). Lo studio ha svelato che gli oncogeni stimolano l’attività di un altro gene, detto p21 e, quindi, la produzione della proteina corrispondente, il cui effetto è quello di rallentare la proliferazione. In sostanza, queste cellule hanno molto più tempo delle altre di riparare i danni del Dna, e rimangono giovani e attive, immuni anche alle chemioterapie perché i farmaci riconoscono e colpiscono solo le cellule in rapida proliferazione. Silenziando il gene p21, però, anche le cellule staminali del cancro cominciano ad accumulare danni a carico del Dna, quindi invecchiano e muoiono. “La nostra scoperta”, commenta Pier Giuseppe Pelicci, direttore scientifico del dipartimento di Oncologia sperimentale dell'Ieo e coordinatore dello studio, “mostra una via per eliminare le cellule staminali del cancro: bloccare i loro sistemi di riparazione del genoma. Nuovi farmaci che inibiscono il riparo del genoma stanno muovendo i primi passi della sperimentazione clinica nell’essere umano. Sapremo nei prossimi cinque o dieci anni quanto sono efficaci nella cura dei tumori”. |
Re: Proteina 21
Svelata dagli scienziati del campus Ifom-Ieo di Milano la strada per eliminare le cellule staminali del cancro, le vere responsabili dell'inguaribilita' della malattia. I ricercatori guidati da Pier Giuseppe Pelicci, direttore scientifico del dipartimento di oncologia sperimentale dell'istituto europeo di oncologia (Ieo) e docente di patologia generale all'universita' di Milano, hanno scoperto come le cellule staminali del cancro diventano immortali.
Sono gli stessi oncogeni, i geni che innescano il processo tumorale, che impediscono alle staminali di invecchiare, mantenendo intatta la loro capacita' di formare nuovo tessuto, il tumore. In pratica le cellule madri del cancro si replicano piu' lentamente delle altre per avere il tempo di riparare i danni. E cosi' facendo diventano virtualmente immortali. La scoperta si e' guadagnata le pagine della prestigiosa rivista Nature.
"I farmaci attuali - spiegano, in una nota, gli oncologi che hanno lavorato al progetto - sono diretti contro le altre cellule tumorali, le figlie. Questa scoperta apre la via all'altra fase della cura, mirata a colpire le cellule staminali da cui originano, dunque le madri". Nuovi farmaci con questa funzione sono gia' in sperimentazione clinica sull'uomo: "Nei prossimi 5-10 anni potrebbero diventare disponibili, per alcune forme di tumore". La ricerca e' stata effettuata in collaborazione con l'universita' degli Studi di Milano.
"Gia' sapevamo che, a differenza delle normali cellule staminali dei tessuti che invecchiano e muoiono, le staminali del cancro sono immortali e mantengono indefinitamente la loro capacita' d'automantenersi e di generare cellule tumorali. Ma - spiega Pelicci - non sapevamo perche'. Come fanno le staminali del cancro a evadere il processo fisiologico dell'invecchiamento e della morte alimentando all'infinito il tumore?", chiede provocatoriamente il ricercatore che ha trovato la risposta al quesito.
Il team ha infatti scoperto che "gli stessi geni responsabili di uno specifico tipo di tumore, nel caso dello studio della leucemia mieloide acuta, sono anche la causa diretta dell'immortalita' delle cellule staminali. Questo effetto era del tutto inatteso, perche' si sapeva che le cellule del nostro organismo si difendono dagli oncogeni attivando un processo d'invecchiamento precoce, la senescenza, o addirittura di morte, cioe' l'apoptosi". Ma questa procedura di difesa, hanno osservato i ricercatori, non si attiva nelle cellule staminali. "Le cellule staminali, infatti, sopravvivono all'oncogene e non smettono di funzionare".
"Le normali cellule staminali dei nostri tessuti - interviene Andrea Viale, uno degli autori della scoperta - accumulano nel tempo danni a carico del loro genoma, smettono di funzionare e quindi muoiono. Nel caso delle staminali del cancro, sono gli oncogeni a renderle invece immortali aumentando le loro capacita' di riparo del danno genomico. In questo modo le cellule staminali leucemiche non invecchiano e continuano ad alimentare, indefinitamente, la leucemia".
Gli scienziati hanno scoperto che gli oncogeni facilitano la riparazione del genoma, e quindi l'immortalita' delle cellule staminali, provocando l'attivazione di un gene: il p21). Questo, proseguono, rallenta la proliferazione delle cellule staminali, lasciando loro piu' tempo per riparare il genoma danneggiato.
In sostanza, le cellule staminali della leucemia non invecchiano perche' proliferano poco. Infatti, straordinariamente, quando l'e'quipe di Pelicci ha tolto il gene p21 dalle leucemie, ha visto le cellule staminali proliferare di piu', accumulare danni al genoma e quindi morire. E con loro anche la leucemia. Questi risultati forniscono una rappresentazione nuova dei tumori. Essi sono formati da rarissime cellule staminali - che proliferano poco - e da tante cellule figlie che, come gia' sapevamo, proliferano molto. v
"Tutto questo - affermano i ricercatori italiani - ha una grande implicazione per il trattamento dei tumori: le terapie anti-tumorali disponibili, infatti, colpiscono principalmente le cellule proliferanti, e sono quindi poco, o per nulla, efficaci sulle cellule staminali del cancro. Occorre quindi trovare terapie che agiscano sulle staminali. E ora la strada e' segnata".
"La nostra scoperta - commenta Pelicci - definisce un metodo per eliminare le cellule staminali del cancro: bloccare i loro sistemi di riparazione del genoma. In questo modo, infatti, le cellule staminali del cancro accumuleranno danno genomico, invecchieranno e moriranno, come fanno normalmente le cellule staminali dei nostri tessuti. Nuovi farmaci che inibiscono il riparo del genoma stanno muovendo i primi passi della sperimentazione clinica nell'uomo. Sapremo nei prossimi 5-10 anni quanto sono importanti nella cura dei tumori".
La ricerca e' stata realizzata nei laboratori dell'Ieo, in collaborazione con l'universita' degli Studi di Milano (dipartimento di scienze biomolecolari e biotecnologie e dipartimento di medicina, chirurgia e odontoiatria) e con l'universita' degli Studi di Perugia (dipartimento di medicina clinica e sperimentale, policlinico Monteluce). Ed e' stata possibile grazie ai finanziamenti dell'Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc), del ministero della Salute, di Cariplo e della Comunita' europea.
Sono gli stessi oncogeni, i geni che innescano il processo tumorale, che impediscono alle staminali di invecchiare, mantenendo intatta la loro capacita' di formare nuovo tessuto, il tumore. In pratica le cellule madri del cancro si replicano piu' lentamente delle altre per avere il tempo di riparare i danni. E cosi' facendo diventano virtualmente immortali. La scoperta si e' guadagnata le pagine della prestigiosa rivista Nature.
"I farmaci attuali - spiegano, in una nota, gli oncologi che hanno lavorato al progetto - sono diretti contro le altre cellule tumorali, le figlie. Questa scoperta apre la via all'altra fase della cura, mirata a colpire le cellule staminali da cui originano, dunque le madri". Nuovi farmaci con questa funzione sono gia' in sperimentazione clinica sull'uomo: "Nei prossimi 5-10 anni potrebbero diventare disponibili, per alcune forme di tumore". La ricerca e' stata effettuata in collaborazione con l'universita' degli Studi di Milano.
"Gia' sapevamo che, a differenza delle normali cellule staminali dei tessuti che invecchiano e muoiono, le staminali del cancro sono immortali e mantengono indefinitamente la loro capacita' d'automantenersi e di generare cellule tumorali. Ma - spiega Pelicci - non sapevamo perche'. Come fanno le staminali del cancro a evadere il processo fisiologico dell'invecchiamento e della morte alimentando all'infinito il tumore?", chiede provocatoriamente il ricercatore che ha trovato la risposta al quesito.
Il team ha infatti scoperto che "gli stessi geni responsabili di uno specifico tipo di tumore, nel caso dello studio della leucemia mieloide acuta, sono anche la causa diretta dell'immortalita' delle cellule staminali. Questo effetto era del tutto inatteso, perche' si sapeva che le cellule del nostro organismo si difendono dagli oncogeni attivando un processo d'invecchiamento precoce, la senescenza, o addirittura di morte, cioe' l'apoptosi". Ma questa procedura di difesa, hanno osservato i ricercatori, non si attiva nelle cellule staminali. "Le cellule staminali, infatti, sopravvivono all'oncogene e non smettono di funzionare".
"Le normali cellule staminali dei nostri tessuti - interviene Andrea Viale, uno degli autori della scoperta - accumulano nel tempo danni a carico del loro genoma, smettono di funzionare e quindi muoiono. Nel caso delle staminali del cancro, sono gli oncogeni a renderle invece immortali aumentando le loro capacita' di riparo del danno genomico. In questo modo le cellule staminali leucemiche non invecchiano e continuano ad alimentare, indefinitamente, la leucemia".
Gli scienziati hanno scoperto che gli oncogeni facilitano la riparazione del genoma, e quindi l'immortalita' delle cellule staminali, provocando l'attivazione di un gene: il p21). Questo, proseguono, rallenta la proliferazione delle cellule staminali, lasciando loro piu' tempo per riparare il genoma danneggiato.
In sostanza, le cellule staminali della leucemia non invecchiano perche' proliferano poco. Infatti, straordinariamente, quando l'e'quipe di Pelicci ha tolto il gene p21 dalle leucemie, ha visto le cellule staminali proliferare di piu', accumulare danni al genoma e quindi morire. E con loro anche la leucemia. Questi risultati forniscono una rappresentazione nuova dei tumori. Essi sono formati da rarissime cellule staminali - che proliferano poco - e da tante cellule figlie che, come gia' sapevamo, proliferano molto. v
"Tutto questo - affermano i ricercatori italiani - ha una grande implicazione per il trattamento dei tumori: le terapie anti-tumorali disponibili, infatti, colpiscono principalmente le cellule proliferanti, e sono quindi poco, o per nulla, efficaci sulle cellule staminali del cancro. Occorre quindi trovare terapie che agiscano sulle staminali. E ora la strada e' segnata".
"La nostra scoperta - commenta Pelicci - definisce un metodo per eliminare le cellule staminali del cancro: bloccare i loro sistemi di riparazione del genoma. In questo modo, infatti, le cellule staminali del cancro accumuleranno danno genomico, invecchieranno e moriranno, come fanno normalmente le cellule staminali dei nostri tessuti. Nuovi farmaci che inibiscono il riparo del genoma stanno muovendo i primi passi della sperimentazione clinica nell'uomo. Sapremo nei prossimi 5-10 anni quanto sono importanti nella cura dei tumori".
La ricerca e' stata realizzata nei laboratori dell'Ieo, in collaborazione con l'universita' degli Studi di Milano (dipartimento di scienze biomolecolari e biotecnologie e dipartimento di medicina, chirurgia e odontoiatria) e con l'universita' degli Studi di Perugia (dipartimento di medicina clinica e sperimentale, policlinico Monteluce). Ed e' stata possibile grazie ai finanziamenti dell'Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc), del ministero della Salute, di Cariplo e della Comunita' europea.
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