Gene metastasi
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Gene metastasi
Fonte http://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/09_aprile_03/gene_metastasi_c5bdd
STUDIO DI RICERCATORI ITALIANI SULLA RIVISTA CELL
Scoperto il gene che blocca le metastasi
Potrebbe segnalare, fin dalla diagnosi della malattia, i pazienti con un tumore più aggressivo
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NOTIZIE CORRELATE
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Seno: una nuova molecola che svela il rischio-metastasi
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Tre micro-molecole per contrastare le metastasi
MILANO - Si chiama p63 il gene capace di funzionare da «baluardo» contro la diffusione metastatica delle cellule tumorali. È il risultato di uno studio pubblicato sulla rivista Cell e condotto dai gruppi di ricerca guidati da Stefano Piccolo, docente del dipartimento di Biotecnologie mediche dell'Università di Padova, e da Silvio Bicciato, ricercatore di Scienze Biomediche all'Università degli studi di Modena e Reggio Emilia.
COME NASCONO LE METASTASI - Il processo metastatico, attraverso il quale una cellula lascia il tumore primario, entra nel sistema circolatorio per disseminarsi in altri organi è la principale causa di morte associata alla patologia neoplastica. Come ogni processo biologico, anche la metastasi dipende dalla coordinata accensione e spegnimento di decine, forse centinaia, di geni. Questo programma non viene inventato dalle cellule tumorali, ma fa parte del normale repertorio di cellule embrionali che, normalmente durante la costruzione degli organi sono stimolate a migrare da speciali segnali ormonali, come i TGF-beta. Le cellule tumorali metastatiche hanno semplicemente risvegliato questo «programma». Fino ad ora si pensava che questo recupero di capacità embrionali fosse una specie di super-potere di pochissime cellule nel tumore primario.
LA RICERCA ITALIANA - Il nuovo studio segna, invece, una decisa svolta: i ricercatori hanno scoperto che lesioni genetiche comuni a molti tumori umani (come quelle di p53 e di RAS), se combinate, definiscono una propensione a un comportamento metastatico già in stadi precoci della malattia. Questo significa, in pratica, poter individuare fin da subito un tipo di tumore da trattare in modo più aggressivo, con la chirurgia o altre terapie. I ricercatori hanno poi compreso come gli stimoli oncogenici erodono e progressivamente indeboliscono le proprietà antimetastasi di p63. «Si tratta di una proteina già nota per il suo ruolo importante nelle cellule staminali di molti organi - spiega Piccolo -. Ma se p63 è persa da una cellula normale, non causa alcun danno, perchè senza p63 quella cellula, semplicemente, muore. Se invece il gene p63 viene perso da una staminale tumorale, ovvero da una cellula potenzialmente immortale, allora si apre la porta a un suo comportamento asociale: nasce cioè la possibilità di un suo spostamento e di una conseguente metastasi».
SPIE MOLECOLARI - Secondo questa visione la metastasi sarebbe quindi un «sottoprodotto» delle forze operanti per favorire la crescita del tumore primario. Ma come individuare quei tumori che partono con il «piede sbagliato»? Per rispondere a questa domanda il gruppo guidato da Bicciato ha tentato di identificare un gruppo di geni-indicatori in grado di rilevare la presenza, o meno, del gene antimetastasi p63. Grazie all’utilizzo di metodi informatici hanno dimostrato che il livello di questi marcatori molecolari può essere utilizzato per individuare, fin dalla diagnosi della malattia, quei pazienti il cui tumore ha più probabilità di metastatizzare. «L'utilizzo clinico di queste nuove spie molecolari - sottolinea Bicciato - permetterà all'oncologo la scelta della cura migliore, più personalizzata, ovvero quella che meglio si adatta alle forze genetiche che guidano l’avanzamento della malattia in un determinato paziente».
03 aprile 2009
STUDIO DI RICERCATORI ITALIANI SULLA RIVISTA CELL
Scoperto il gene che blocca le metastasi
Potrebbe segnalare, fin dalla diagnosi della malattia, i pazienti con un tumore più aggressivo
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Tre micro-molecole per contrastare le metastasi
MILANO - Si chiama p63 il gene capace di funzionare da «baluardo» contro la diffusione metastatica delle cellule tumorali. È il risultato di uno studio pubblicato sulla rivista Cell e condotto dai gruppi di ricerca guidati da Stefano Piccolo, docente del dipartimento di Biotecnologie mediche dell'Università di Padova, e da Silvio Bicciato, ricercatore di Scienze Biomediche all'Università degli studi di Modena e Reggio Emilia.
COME NASCONO LE METASTASI - Il processo metastatico, attraverso il quale una cellula lascia il tumore primario, entra nel sistema circolatorio per disseminarsi in altri organi è la principale causa di morte associata alla patologia neoplastica. Come ogni processo biologico, anche la metastasi dipende dalla coordinata accensione e spegnimento di decine, forse centinaia, di geni. Questo programma non viene inventato dalle cellule tumorali, ma fa parte del normale repertorio di cellule embrionali che, normalmente durante la costruzione degli organi sono stimolate a migrare da speciali segnali ormonali, come i TGF-beta. Le cellule tumorali metastatiche hanno semplicemente risvegliato questo «programma». Fino ad ora si pensava che questo recupero di capacità embrionali fosse una specie di super-potere di pochissime cellule nel tumore primario.
LA RICERCA ITALIANA - Il nuovo studio segna, invece, una decisa svolta: i ricercatori hanno scoperto che lesioni genetiche comuni a molti tumori umani (come quelle di p53 e di RAS), se combinate, definiscono una propensione a un comportamento metastatico già in stadi precoci della malattia. Questo significa, in pratica, poter individuare fin da subito un tipo di tumore da trattare in modo più aggressivo, con la chirurgia o altre terapie. I ricercatori hanno poi compreso come gli stimoli oncogenici erodono e progressivamente indeboliscono le proprietà antimetastasi di p63. «Si tratta di una proteina già nota per il suo ruolo importante nelle cellule staminali di molti organi - spiega Piccolo -. Ma se p63 è persa da una cellula normale, non causa alcun danno, perchè senza p63 quella cellula, semplicemente, muore. Se invece il gene p63 viene perso da una staminale tumorale, ovvero da una cellula potenzialmente immortale, allora si apre la porta a un suo comportamento asociale: nasce cioè la possibilità di un suo spostamento e di una conseguente metastasi».
SPIE MOLECOLARI - Secondo questa visione la metastasi sarebbe quindi un «sottoprodotto» delle forze operanti per favorire la crescita del tumore primario. Ma come individuare quei tumori che partono con il «piede sbagliato»? Per rispondere a questa domanda il gruppo guidato da Bicciato ha tentato di identificare un gruppo di geni-indicatori in grado di rilevare la presenza, o meno, del gene antimetastasi p63. Grazie all’utilizzo di metodi informatici hanno dimostrato che il livello di questi marcatori molecolari può essere utilizzato per individuare, fin dalla diagnosi della malattia, quei pazienti il cui tumore ha più probabilità di metastatizzare. «L'utilizzo clinico di queste nuove spie molecolari - sottolinea Bicciato - permetterà all'oncologo la scelta della cura migliore, più personalizzata, ovvero quella che meglio si adatta alle forze genetiche che guidano l’avanzamento della malattia in un determinato paziente».
03 aprile 2009
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