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La favola della fine del mondo...

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Messaggio Da Lotty Gio 25 Feb 2010 - 22:06

PAPÀ, mi racconti la favola degli uomini del Duemila?
- Va bene, ma dopo dormi. Nel Duemila gli uomini avevano un sacco di cose:
i sonniferi, il campionato di calcio, le sfilate di moda, il silicone, i computer...
- Anche la pizza?
- Anche la pizza. Ma, malgrado avessero tutto questo, la loro vita cominciò a
peggiorare. Non sarebbe stato catastrofico, se lo avessero ammesso e si
fossero comportati di conseguenza. Ma ormai erano abituati all'idea che la storia
era come un'automobile, doveva essere sempre nuova e più bella, anche se non
c'erano più le strade per farla andare avanti. Il clima e l'ambiente
impazzirono, ma gli uomini sembravano quasi contenti di battere ogni
record di caldo e di freddo. La meteorologia era l'unico sport dove le prestazioni
crescevano mostruosamente e nessuno chiedeva misure antidoping. Nelle città
non si respirava più e l'aria fu privatizzata: i più ricchi usavano le
bombole Fiat-Eolo all'aria di montagna.
I GIOVANI avevano lo zainetto Standa all'alito di rockstar, mentre i più
poveri si accontentavano della "Pneumocentro", la bombola-risparmio di
Prodi che elargiva quattro respiri al minuto. L'agricoltura era sconvolta, ma
gli scienziati pensavano a costruire sedani a tre stadi e maiali col manico,
c'erano siccità e bibite gassate, yacht e alluvioni, club vacanze e onde
anomale.
- Cosa vuole dire anomalo?
- Quando una cosa l'hai lasciata spadroneggiare e ingrandire fuori da
ogni legge e regola, anzi ci hai pure fatto affari, e poi non riesci a
togliertela più dai coglioni, allora, la chiami anomala.
- Come Berlusconi?
- Chi ti ha detto queste cose?
- Ponding, il mio compagno di giochi: lui è molto colto, vive nella
vecchia biblioteca. Mi ha detto anche che nel Duemila avevano paura soprattutto
di tre cose: della moviola, delle rughe in faccia e degli squatter.
- Sì, allora nessuno si preoccupava se le banche, o i palazzinari, o le
industrie, si impadronivano di intere città, radevano al suolo quartieri,
rendevano inabitabile un'intera zona. Però se qualcuno occupava una casa
vuota, si incazzavano come iene.
- È così che cominciarono ad andare indietro?
- Esattamente. I trasporti divennero sempre più lenti e caotici. Poiché
era di moda l'esoterico e il divinatorio, un giornale che si chiamava la
Repubblica, dopo i tarocchi regalò l'orario dell'Alitalia. C'era gente che prenotava
un volo alla Malpensa per poter stare lì tutta notte a fare lo scambio di
coppie.
I treni si nascondevano nei tunnel per la vergogna. Le autostrade
diventarono a cinque corsie, così rimasero vuote le tre corsie di destra per l'unica
Prinz che non si vergognava ad andarci. E poi c'erano gli incendi.
- E come li spegnevano?
- Col fiato. Appena ne scoppiava uno grosso, cominciavano a litigare, le
regioni accusavano il ministro, il ministro accusava le regioni, tutti e
due accusavano il forte vento di scirocco, e l'esercito restava in caserma a
fare la guardia al ficus del colonnello.
- E avevano altri problemi?
- Le atomiche eplodevano ancora ma erano deterrenti, le guerre erano
intelligenti, i mercanti d'armi si chiamavano esportatori di tecnologia
bellica. Si moriva in un clima di laurea. Dai paesi poveri i disperati
cercavano di sbarcare nei paesi ricchi. Alcuni trovavano un'accoglienza
di destra, un calcio nel culo e via, altri un' accoglienza di sinistra, un
calcio nel culo e un chinotto. Perché i paesi ricchi, ormai, avevano paura di
tutto: della zanzara africana, della borsa asiatica, dei neri non calciatori,
dei bianchi non bergamaschi. E avevano inventato una parola magica:
emergenza. Emergenza ozono, emergenza incendi, emergenza mafia, emergenza immigrati.
Emergenza voleva dire "niente paura, passerà". Alla fine giunsero
all'"emergenza delle emergenze", e non uscirono più di casa.
- E nessuno denunciava queste cose?
- Come no. C'erano i film catastrofe, i concerti di beneficenza, la
pubblicità Benetton. E poi i raduni degli scienziati, al termine dei quali i
partecipanti si riunivano tutti insieme e lanciavano un grido di allarme. Era una
cerimonia molto divertente, qualcuno gridava anche "gol" o faceva il verso
dell'upupa, poi tornavano a casa contenti. La televisione aveva cento canali ma
dentro ci giravano sempre le stesse facce. Così la gente diceva: beh, se loro sono
sempre lì, vuol dire che le cose non peggiorano troppo. Magari se avessero visto
un presentatore prendere fuoco, un politico travolto da un'ondata, o un
gommone di profughi piombare in mezzo a un quiz, si sarebbero preoccupati. Ma le
cose brutte si vedevano solo nei telegiornali, che ormai erano considerati
delle favole cattive.
- E poi cosa accadde?
- Beh, te l'ho già raccontato. Un giorno il polo si squagliò e il mare si alzò
di sette metri. Sui teleschermi americani la mamma della Lewinsky cercava
di dimostrare che il reperto presidenziale rimasto incastrato nella zip
della figlia non era, come sosteneva Clinton, un pezzo di pollice. La Russia
chiedeva l'elemosina. L'Italia, tra una sfilata e un festival, discuteva sul ruolo
avuto da Perry Mason nel rapimento Moro. Tutto sprofondò in trenta secondi di
diretta e quattro spot. Restarono solo rottami galleggianti. Sull'ultima zattera
un Gasparri, un ducetto da discoteca, prendeva a remate un albanese
che voleva salire. Poi tutto tacque. Ci salvammo solo noi, e la vita sulla
terra continuò.
- Insomma babbo, sono proprio fortunato a essere nato topo.
- Proprio così, figlio. Hai studiato la lezione per domani?
- Sì: nella storia dell'evoluzione dei topi ci sono tre grandi periodi:
quello di Neanderthal, quello di Simmenthal e quello di Emmenthal.
- Bravo, sono orgoglioso di te. E adesso dormi. Buonanotte.

Stefano Benni

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