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Ecco perche' il nostro paese e' condannato

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Messaggio Da viernes Gio 3 Set 2009 - 18:25

Questo e' quello che succede in Italia, intanto che feltri scrive di boffo e la lega se la prende con i barconi.
Questo non e' il governo a favore delle imprese, questo e' il governo dei favori ai poteri forti (banche, grandi industrie), e' il governo del potere per il potere, e gli altri (piccoli industriali, lavoratori, gente comune) si fottano.
E' lungo, buona lettura a tutti.

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La recessione si specchia in una sfera d'acciaio
di Nino Ciravegna
3 settembre 2009

Le sfere d'acciaio sono dappertutto: nelle confezioni degli smalti per le unghie, per garantire una fluidità costante, in fondo agli stick per rossetti, quasi a bilanciarne il peso, nelle guide per i cassetti o sulle porte scorrevoli degli armadi. E naturalmente, sono tantissime nelle auto e nel settore automotive. Milioni e milioni di sfere. Che d'ora in poi saranno quasi tutte made in China.

Daniela Bonacina, la signora delle sfere, si è arresa: contro i cinesi è una partita persa, visto che riescono a vendere a un terzo dei costi italiani. Daniela e i suoi fratelli, Roberto (responsabile commerciale), Massimo e Mario (impegnati nella produzione) non ce la fanno più a sostenere i costi dell'energia più alti d'Europa (Irlanda esclusa) per far girare i voraci motori ad alta potenza. Sono stufi di pagare fior di quattrini e riempire pagine di formulari per gli sfridi di acciaio, che una volta erano riciclati nelle fonderie e ora, classificati come rifiuti industriali non pericolosi, sono una fonte inenarrabile di lavoro, burocrazia e fatture da pagare a suon di migliaia di euro per materiale che potrebbe essere adeguatamente riciclato. Non ce la fanno più a far partire i camion dalla Brianza, dove è più facile arrancare a dieci chilometri all'ora invece di "correre" a 60, senza sapere quando le consegne saranno effettuate.
Finito, chiuso.

La Bbsfere di Carate Brianza chiude dopo 62 anni di onorata attività e
dopo essere arrivata ai vertici europei nella produzione di sfere
d'acciaio. I fratelli Bonacina chiudono, «stanchi, demoralizzati e
amareggiati». Ora sono impegnati nella liquidazione volontaria delle
attività «perché vogliamo uscire a testa alta da questa situazione».
Stanno trattando per vendere i complessi macchinari, a controllo
numerico, a un concorrente francese e a uno tedesco, tra i pochi
rimasti in attività: «Abbiamo visto che entrambi hanno problemi di
spazio, ma hanno declinato il nostro invito a produrre a Carate
Brianza, dove abbiamo le linee produttive sviluppate su 20mila metri
quadrati e terreni per le attività collegate, come il trattamento per
gli sfridi. In Italia non ci vogliono venire. E li capisco».

La mazzata che li ha convinti a chiudere si è giocata nel giro di otto
secondi, quando hanno inviato per via telematica un progetto destinato
al risparmio energetico e al recupero e riciclaggio degli sfridi di
acciaio. Era il giorno del click day per ottenere gli incentivi per
ricerca e sviluppo. Daniela spiega: «Abbiamo speso fior di quattrini
con consulenti e professionisti che hanno redatto un bel programma. Ma
sono bastati otto secondi per rimanere fuori dagli incentivi. Spiacenti
- ci hanno scritto - ma i fondi sono esauriti». Eppure la Bbsfere le ha
tentate tutte, ma proprio tutte, per restare competitiva e continuare
l'attività fondata dal padre nel febbraio del 1947 in un porticato di
Besana Brianza, con macchinari progettati e costruiti dallo stesso
Bonacina: «Per noi fratelli è un vero dramma chiudere l'attività dove
nostro padre aveva messo passione, intelligenza e i fondi che aveva».
In questi 62 anni hanno ampliato l'attività fino a diventare tra i
maggiori produttori europei, con un un centinaio di dipendenti,
rilevando anche una società concorrente in provincia di Treviso. Nei
tempi d'oro erano arrivati a lavorare 20 tonnellate d'acciaio al
giorno, producendo microsfere da 1,5 millimetri fino alle enormi sfere
da 200 millimetri, pesanti 36 chili l'una, destinate a una
megascavatrice dell'Australia. Esportavano il 40% della produzione.
Sempre con un occhio all'innovazione e al controllo di qualità:
nell'automotive sono richiesti alti standard di precisione. Daniela
ricorda: «Ho ben presente quando alla Volkswagen hanno mugugnato per
aver trovato due sfere fuori standard su un milione di pezzi
consegnati». Tempi eroici, quelli. Durati fino al 2002, quando sono
arrivati i cinesi. Allora sono iniziati i problemi che hanno costretto
i Bonacina a chiudere. La loro storia imprenditoriale condensa il
dizionario di tutti i mali che pesano, frenano, umiliano e
annichiliscono le piccole imprese italiane.

A come aiuti pubblici
«Zero assoluto. Non abbiamo avuto un euro in tutti gli anni d'attività
e nemmeno un euro in occasione del click day. Quando abbiamo chiesto
interventi pubblici per la questione dei rifiuti o per frenare l'import
cinese abbiamo trovato parole, poche promesse e nessun aiuto concreto».

B come banche
«Una vergogna. A Treviso dovevamo pagare a UniCredit altissime
commissioni di massimo scoperto anche quando non superavamo i limiti
previsti. Abbiamo protestato, ma formalmente era tutto previsto dalle
clausole scritte in corpo 4. Roba da denuncia. Intesa Sanpaolo ci ha
chiuso le linee di credito al minimo segnale di difficoltà dopo 62 anni
di pagamenti puntuali. Solo le banche territoriali, in particolare il
Banco di Desio, ci sono state vicine, hanno capito i problemi e la
volontà di andare avanti. Ma non è bastato».

C come cinesi
Sono arrivati nel 2002, prima con le sfere di ferro, conquistando la
fascia bassa del mercato europeo. Poi sono entrati nel settore
dell'acciaio. «Vendono a un terzo dei costi che noi dobbiamo sostenere
in Italia. Abbiamo reagito comprando macchinari complessi, stampatrici
americane, forni con impatto sostenibile sul fronte ambientale. Non c'è
stato niente da fare, il divario dei prezzi è troppo alto. Siamo andati
in Cina per cercare di capire come fanno a vendere a prezzi stracciati:
il loro costo della manodopera è così basso che possono permettersi un
operaio per ogni macchina, risultando competitivi anche se da noi un
operaio sovrintende a sei macchinari. A precisa domanda, hanno risposto
che non è un loro problema sapere dove finiscono gli sfridi, non hanno
impianti di depurazione e tutto il resto. E l'energia la pagano a
prezzi impensabili per noi. La battaglia è persa».

D come dumping
In questi mesi di crisi internazionale i concorrenti cinesi, che in
Italia possono contare su un agguerrito distributore che ha imparato il
mestiere proprio alla Bbsfere, stanno puntando tutte le carte su prezzi
ancor più bassi, a costo di lavorare in perdita. «Ho provato a chiedere
d'imporre dazi, così come hanno fatto i produttori di bulloni e altri
settori. Ma ero la sola a sollecitare tale misura, essendo rimasta
l'unico produttore indipendente d'Italia. Per mille motivi burocratici
non ci sono riuscita».

E come enti locali
«Ci sono voluti sette anni per avere il permesso di costruire un nuovo
capannone e il via libera, ironia della sorte, è arrivato in piena
crisi. Ora è lì, non l'abbiamo completato. Ho scritto al presidente
della Lombardia, Roberto Formigoni, per lanciare l'allarme sulla mia
impresa. Ho avuto un incontro ufficiale con 18, ripeto 18, dirigenti.
Poi neanche una risposta».

F come fonti energetiche
«I nostri motori ad alta potenza sono voraci e il costo dell'energia
incide per più del 20% sul costo finale. Paghiamo l'energia più cara
d'Europa (Irlanda esclusa). Siamo entrati in un consorzio di produttori
per risparmiare sull'elettricità, ma un taglio del 5-6% è
insufficiente».

I come infrastrutture della Brianza
«Siamo isolati. Siamo a una trentina di chilometri da Milano, ma ci
vogliono ore per arrivarci. Hanno fatto mille promesse sulle
infrastrutture, ma sono rimaste sulla carta. I progetti, esposti in
tanti convegni, sono chiusi nei cassetti. È quasi impossibile
pianificare le consegne, con conseguenti aumenti dei costi. Un
disastro».

M come manodopera specializzata
«La lavorazione delle sfere, contrariamente a quello che si può
credere, richiede grande manualità e forte specializzazione
tecnico-professionale: c'è la fase dello stampaggio, della rodatura e
della rettifica. Poi, si passa al lavaggio, alla lucidatura e al
controllo finale di qualità. È un lavoro sporco, rumoroso e faticoso. I
macchinari sono complessi, ma ci vuole occhio, manualità, grande
esperienza per capire quando una sfera è pronta o se ci sono difetti
anche minimi. Devo dire che negli anni abbiamo assistito a un
livellamento verso il basso dei nuovi addetti. In Brianza non ci sono
scuole professionali adeguate e questo significa perdere
drammaticamente competenze e capacità che impoveriscono tutto il
territorio».

P come perdite
«Pur di continuare la nostra attività abbiamo accettato di lavorare in
perdita per tre anni. Pur di continuare abbiamo venduto l'azienda di
Treviso e un capannone in Brianza, ma poi siamo stati travolti. Non ci
siamo arricchiti impoverendo l'azienda e questo i nostri dipendenti lo
hanno capito e apprezzato».

Q come qualità
I cinesi stanno invadendo l'Europa, ma non sono ancora in grado di
garantire una qualità costante. «Di fatto – spiega ancora Bonacina –
molti clienti mi hanno detto che ricevono intere partite da buttare.
Questo è il prezzo che si deve pagare se vuoi risparmiare sui costi
d'acquisto». Sarebbe stato possibile, per i fratelli Bonacina,
chiudersi nella nicchia delle sfere di alta qualità o con acciai
speciali, come quelli utilizzati dalla Ferrero per macinare il cacao,
ma il business sarebbe stato troppo piccolo per un'azienda così
strutturata.

R come rifiuti industriali
«Il 25% dell'acciaio viene perso nella fase di stampaggio e delle altre
lavorazioni. Prima lo consegnavamo all'Ilva di Genova, poi all'impianto
di Taranto. Ora non è più possibile. L'acciaio è diventato "rifiuto
industriale non pericoloso", dobbiamo sopportare complesse operazioni
per la raccolta, la catalogazione e la conservazione di questi rifiuti,
con decine di formulari da riempire e conservare e poi paghiamo fior di
fatture per la consegna alla piattaforma specializzata. Abbiamo anche
avuto offerte per esportare gli sfridi, ma non c'erano sufficienti
garanzie su dove sarebbero finiti: non abbiamo voluto rischiare. Gli
enti pubblici, assenti nella gestione della crisi, sono sempre stati
presenti per minuziosi controlli sullo smaltimento dei legni dei pallet
o dei toner delle stampanti. Sono favorevole alla difesa ambientale, ma
ci sono adempimenti burocratici che fanno perdere la voglia di
lavorare».

S come sindacati
«Abbiamo sempre avuto ottimi rapporti con i sindacati, che hanno capito
i nostri sforzi e accettato la nostra decisione, anche se chiudere
voleva dire mandare a spasso 63 addetti con relative famiglie. A tutti,
a Natale, ho regalato una copia del libro La Casta di Sergio Rizzo e
Gian Antonio Stella per evidenziare il divario tra chi occupa le
poltrone e chi lavora in fabbrica. E di come noi siamo lasciati soli».

Z come zero (voglia di continuare)
«La delusione è così forte – conclude Daniela Bonacina – che mio
fratello Massimo ha sgridato il figlio Alessandro quando si è accorto
che con i mattoncini di Lego costruiva le stampanti e i macchinari
visti in fabbrica: la meccanica è una passione, gli ha detto, ma tu la
devi dimenticare. Gli ha nascosto il Lego».
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Messaggio Da MAURO LORE Gio 3 Set 2009 - 22:01

... e se ...

... il LAVORATORE (schiavo dell'"elitte bancaria" a cui è stato fatto credere di essere libero...) NON serve più... CHE SIFA'???


... prima che si SVEGLI DAL sonno e si accorga della GRANDE TRUFFA.... (e magari ri-tiri fuori le pa**e e si INCAZZI...)


... lo si "vaccina" con il MERCURIO, lo SQUALENE, etc. etc. .... e lo si rende POVERO INVALIDO o meglio ancora... MORTO...


... PROBLEMA RISOLTO ...

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... meditate gente...meditate... Wink

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...
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Messaggio Da MAURO LORE Gio 3 Set 2009 - 22:05

... CONTINUA DA PRECEDENTE ...


... e per i supestiri ???


... NO PROBLEM ... gia pronto il "TRATTATO di LISBONA e se và ancora meglio... il NWO Nuovo Ordine Mondiale sotto una ONU creata... e da sempre in MANO alla stessa "elitte bancaria"...

...
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