drammi del mondo
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drammi del mondo
CHE STUPORE SCOPRIRE, NELLA MACELLERIA DELLA CRONACA E DELLA STORIA… 17.02.2008
Un nuovo “orgoglio cattolico”? Se ne sente parlare qua e là sui giornali. E di conseguenza prende vigore un nuovo anticlericalismo. Ma non c’è orgoglio. Semmai stupore e commozione. Guardiamo i santi che hanno toccato il cuore della nostra generazione: Karol Wojtyla, padre Pio, Madre Teresa, don Giussani, padre Kolbe, il cardinal Van Thuan, fratel Ettore.
Troviamo nel loro sguardo solo una sconfinata passione e compassione per tutti gli esseri umani. La Chiesa è questo. E’ strana. Vede tutto, pur avendo la luce negli occhi. O forse per questo.
L’Onu e tanti altri organismi denunciano i drammi del mondo, ma la Chiesa è già lì, silenziosa, a prendersi cura delle vittime. Solo la Chiesa c’è sempre a caricarsi sulle spalle i più infelici. E solo la Chiesa riesce a guardare in faccia tutto l’orrore del mondo (senza censurare niente).
In questi giorni un convegno delle Nazioni Unite ha rivelato che le mafie internazionali hanno impiantato un nuovo businnes che supera i 32 miliardi di dollari (quasi raggiunge quello della droga): è il commercio di esseri umani. Circa 27 milioni di schiavi, soprattutto donne e bambini, usati come oggetti di consumo non più solo nei paesi del Terzo Mondo: almeno 600 mila persone sarebbero vendute ogni anno in Europa. E quasi la metà viene schiavizzato sui marciapiedi delle nostre città. Alla luce del sole. C’è poi un commercio più sanguinario. Si può “ordinare” un rene o un fegato o un cuore o un occhio. Che viene “prelevato” nei paesi del terzo mondo, da un poveretto, talora provocando la morte del donatore-vittima (e resta il giallo dei bambini che spariscono a centinaia). Un rene viene rubato o pagato al massimo 2 mila dollari, mentre viene rivenduto a 40 mila.
E’ un orrore, gestito dalle mafie internazionali, dalle dimensioni spaventose. L’ha tradotto in numeri – a Vienna, in questi giorni – l’Unigift, l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa del traffico mondiale di esseri umani. Si è scoperto che dei 66 mila trapianti di rene effettuati nel mondo l’anno scorso, circa il 10 per cento sarebbero illegali. Ma la cifra dovrebbe essere molto più alta perché in tanti paesi questo turpe mercato non è illegale. In Cina – secondo dati dell’Organizzazione mondiale della sanità riferiti ieri da Avvenire – nel 2006 sarebbero stati effettuati 11 mila trapianti con organi espiantati da condannati a morte (8 mila trapianti di rene, 3 mila di fegato e 200 di cuore).
Queste finestre sull’orrore normalmente non vengono aperte. Non si vuol vedere, non si vuol sapere in che mondo viviamo. Meglio intontirsi facendosi abbacinare da ore di televisione dell’irrealtà. Del resto la geografia dell’orrore, col quale conviviamo spensieratamente, è molto più vasta.
Ci sono pure 850 milioni di persone che vivono al limite della sopravvivenza. E 30 mila esseri umani che ogni giorno muoiono di fame. Con i tantissimi bambini che muoiono nel Terzo Mondo per cause banali come la dissenteria e il morbillo che da noi si curano con pochi spiccioli. Negli ultimi 50 anni ammonterebbe a mezzo miliardo il totale degli creature umane morte per fame. In Corea del Nord, a causa del regime comunista, ne sono morti a milioni in pochi mesi senza che i mass media e i governi se ne curassero molto. Davanti al mare di vittime del comunismo, all’orrore di tirannie di questo genere (oggi comuniste o islamiche), dove i diritti umani vengono quotidianamente calpestati, le nostre classi dirigenti appaiono assolutamente impari. Balbettanti. Spesso cinicamente indifferenti o affaccendati in traffici commerciali. E gli intellettuali? Hegel spiegava che la storia è una macelleria. Prendeva atto. Spesso gli intellettuali hanno portato pure il loro contributo a ideologie macellaie. C’è infine nel mondo l’orrore rappresentato dai 50 milioni di aborti l’anno contabilizzati dall’Oms (negli ultimi 30 anni più di 1 miliardo di vite innocenti spazzate via). Un genocidio censurato di bimbi e di donne. Oltretutto in Cina si tratta di aborto obbligatorio che spesso viene accompagnato da inusitate violenze sulle mamme che si rifiutano. Ma non se ne parla. Si elude.
Marcel Proust nel Temps retrouvé notava: “Da tempo non si rendevano più conto di ciò che poteva avere di morale o di immorale la vita che conducevano, perché era quella del loro ambiente. La nostra epoca senza dubbio, per chi ne leggerà la storia tra duemila anni, sembrerà immergere certe coscienze tenere e pure in un ambiente vitale che apparirà allora come mostruosamente pernicioso e dove esse si trovavano a loro agio”. La tragedia resta incompresa. Neanche l’enormità dei numeri sembra essere colta. Perché – come diceva il cinico Stalin – dieci morti sono una tragedia, cento morti un orrore e un milione di morti solo una statistica. Del resto tutto è organizzato da noi per distrarre dall’orrore, per evitare lo sguardo della Medusa che potrebbe impietrirti.
Solo la Chiesa non distoglie lo sguardo e vede tutto. Solo la Chiesa c’è. Sempre. Dappertutto. Come può. Pietosa, eroica, inerme, spesso con poveri mezzi, ma con un amore senza confini. C’è da venti secoli, a chinarsi su tutte le miserie del mondo. L’unica luce nelle tenebre del mondo. C’è oggi in ognuno di questi inferni. Non come crocerossina della storia (non è un’agenzia umanitaria). Ma perché è il misterioso Corpo di Gesù nei secoli. E’ lui il Buon Samaritano che si china su quell’uomo riverso per terra, mezzo morto. E’ Gesù che lo soccorre, lo cura, se lo mette sulle spalle, lo porta al sicuro e paga per lui.
La tragedia più grande è proprio non accorgersi di questo Dio presente, misericordioso, che è venuto per noi. E questa cecità provoca la tragedia davvero universale, quella di chi soffre nell’anima, perché è la nostra condizione umana che è ammalata e derelitta in sé. Bisognosa dell’unico Medico che sa guarirla. Ma quello di cui tutti – anche laici, agnostici o atei – devono accorgersi è almeno lo spettacolo che, in tutto il mondo, i cristiani sono oggi “per gli uomini e per gli angeli”. Come fece, nelle tenebre del paganesimo nazista e della Seconda guerra mondiale, il grande scienziato esule Albert Einstein, che scrisse su “Time Magazine” nel dicembre 1940: “Essendo un amante della libertà, quando avvenne la rivoluzione in Germania (il nazismo, nda) guardai con fiducia alle università sapendo che queste si erano sempre vantate della loro devozione alla causa della verità. Ma le università vennero zittite. Allora guardai ai grandi editori dei quotidiani che in ardenti editoriali proclamavano il loro amore per la libertà. Ma anche loro, come le università, vennero ridotti al silenzio, soffocati nell’arco di poche settimane. Soltanto la Chiesa si oppose pienamente alla campagna di Hitler mirante a sopprimere la verità. Non avevo mai avuto in precedenza un interesse particolare per la Chiesa, ma ora sento verso di essa una grande ammirazione, poiché la Chiesa sola ha avuto il coraggio e la perseveranza di difendere la verità intellettuale e la libertà morale. Devo dunque confessare: ciò che un tempo disprezzavo, ora io lodo incondizionatamente”.
Sigmund Freud in due lettere al figlio del 1938 espresse sentimenti analoghi. Di solito oggi non si ha questa lealtà. Se non raramente. Domina una sorda ostilità. Un odio pregiudiziale. Non si perdona alla Chiesa neanche la più piccola imperfezione degli uomini di Chiesa. Non si ammette che essi abbiano i difetti dei figli di questo mondo. Il mondo pretende dai cristiani tutta la perfezione che esso non ha. E così, involontariamente, rende il più grande omaggio alla Chiesa. Perché svela che solo lei non è cosa di questo mondo e le si può chiedere la perfezione, l’amore totale e assoluto. Che noi cristiani non abbiamo, ma che ha Lui, Gesù di Nazaret.
Antonio Socci
Da “Libero” 16 febbraio 2008
Un nuovo “orgoglio cattolico”? Se ne sente parlare qua e là sui giornali. E di conseguenza prende vigore un nuovo anticlericalismo. Ma non c’è orgoglio. Semmai stupore e commozione. Guardiamo i santi che hanno toccato il cuore della nostra generazione: Karol Wojtyla, padre Pio, Madre Teresa, don Giussani, padre Kolbe, il cardinal Van Thuan, fratel Ettore.
Troviamo nel loro sguardo solo una sconfinata passione e compassione per tutti gli esseri umani. La Chiesa è questo. E’ strana. Vede tutto, pur avendo la luce negli occhi. O forse per questo.
L’Onu e tanti altri organismi denunciano i drammi del mondo, ma la Chiesa è già lì, silenziosa, a prendersi cura delle vittime. Solo la Chiesa c’è sempre a caricarsi sulle spalle i più infelici. E solo la Chiesa riesce a guardare in faccia tutto l’orrore del mondo (senza censurare niente).
In questi giorni un convegno delle Nazioni Unite ha rivelato che le mafie internazionali hanno impiantato un nuovo businnes che supera i 32 miliardi di dollari (quasi raggiunge quello della droga): è il commercio di esseri umani. Circa 27 milioni di schiavi, soprattutto donne e bambini, usati come oggetti di consumo non più solo nei paesi del Terzo Mondo: almeno 600 mila persone sarebbero vendute ogni anno in Europa. E quasi la metà viene schiavizzato sui marciapiedi delle nostre città. Alla luce del sole. C’è poi un commercio più sanguinario. Si può “ordinare” un rene o un fegato o un cuore o un occhio. Che viene “prelevato” nei paesi del terzo mondo, da un poveretto, talora provocando la morte del donatore-vittima (e resta il giallo dei bambini che spariscono a centinaia). Un rene viene rubato o pagato al massimo 2 mila dollari, mentre viene rivenduto a 40 mila.
E’ un orrore, gestito dalle mafie internazionali, dalle dimensioni spaventose. L’ha tradotto in numeri – a Vienna, in questi giorni – l’Unigift, l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa del traffico mondiale di esseri umani. Si è scoperto che dei 66 mila trapianti di rene effettuati nel mondo l’anno scorso, circa il 10 per cento sarebbero illegali. Ma la cifra dovrebbe essere molto più alta perché in tanti paesi questo turpe mercato non è illegale. In Cina – secondo dati dell’Organizzazione mondiale della sanità riferiti ieri da Avvenire – nel 2006 sarebbero stati effettuati 11 mila trapianti con organi espiantati da condannati a morte (8 mila trapianti di rene, 3 mila di fegato e 200 di cuore).
Queste finestre sull’orrore normalmente non vengono aperte. Non si vuol vedere, non si vuol sapere in che mondo viviamo. Meglio intontirsi facendosi abbacinare da ore di televisione dell’irrealtà. Del resto la geografia dell’orrore, col quale conviviamo spensieratamente, è molto più vasta.
Ci sono pure 850 milioni di persone che vivono al limite della sopravvivenza. E 30 mila esseri umani che ogni giorno muoiono di fame. Con i tantissimi bambini che muoiono nel Terzo Mondo per cause banali come la dissenteria e il morbillo che da noi si curano con pochi spiccioli. Negli ultimi 50 anni ammonterebbe a mezzo miliardo il totale degli creature umane morte per fame. In Corea del Nord, a causa del regime comunista, ne sono morti a milioni in pochi mesi senza che i mass media e i governi se ne curassero molto. Davanti al mare di vittime del comunismo, all’orrore di tirannie di questo genere (oggi comuniste o islamiche), dove i diritti umani vengono quotidianamente calpestati, le nostre classi dirigenti appaiono assolutamente impari. Balbettanti. Spesso cinicamente indifferenti o affaccendati in traffici commerciali. E gli intellettuali? Hegel spiegava che la storia è una macelleria. Prendeva atto. Spesso gli intellettuali hanno portato pure il loro contributo a ideologie macellaie. C’è infine nel mondo l’orrore rappresentato dai 50 milioni di aborti l’anno contabilizzati dall’Oms (negli ultimi 30 anni più di 1 miliardo di vite innocenti spazzate via). Un genocidio censurato di bimbi e di donne. Oltretutto in Cina si tratta di aborto obbligatorio che spesso viene accompagnato da inusitate violenze sulle mamme che si rifiutano. Ma non se ne parla. Si elude.
Marcel Proust nel Temps retrouvé notava: “Da tempo non si rendevano più conto di ciò che poteva avere di morale o di immorale la vita che conducevano, perché era quella del loro ambiente. La nostra epoca senza dubbio, per chi ne leggerà la storia tra duemila anni, sembrerà immergere certe coscienze tenere e pure in un ambiente vitale che apparirà allora come mostruosamente pernicioso e dove esse si trovavano a loro agio”. La tragedia resta incompresa. Neanche l’enormità dei numeri sembra essere colta. Perché – come diceva il cinico Stalin – dieci morti sono una tragedia, cento morti un orrore e un milione di morti solo una statistica. Del resto tutto è organizzato da noi per distrarre dall’orrore, per evitare lo sguardo della Medusa che potrebbe impietrirti.
Solo la Chiesa non distoglie lo sguardo e vede tutto. Solo la Chiesa c’è. Sempre. Dappertutto. Come può. Pietosa, eroica, inerme, spesso con poveri mezzi, ma con un amore senza confini. C’è da venti secoli, a chinarsi su tutte le miserie del mondo. L’unica luce nelle tenebre del mondo. C’è oggi in ognuno di questi inferni. Non come crocerossina della storia (non è un’agenzia umanitaria). Ma perché è il misterioso Corpo di Gesù nei secoli. E’ lui il Buon Samaritano che si china su quell’uomo riverso per terra, mezzo morto. E’ Gesù che lo soccorre, lo cura, se lo mette sulle spalle, lo porta al sicuro e paga per lui.
La tragedia più grande è proprio non accorgersi di questo Dio presente, misericordioso, che è venuto per noi. E questa cecità provoca la tragedia davvero universale, quella di chi soffre nell’anima, perché è la nostra condizione umana che è ammalata e derelitta in sé. Bisognosa dell’unico Medico che sa guarirla. Ma quello di cui tutti – anche laici, agnostici o atei – devono accorgersi è almeno lo spettacolo che, in tutto il mondo, i cristiani sono oggi “per gli uomini e per gli angeli”. Come fece, nelle tenebre del paganesimo nazista e della Seconda guerra mondiale, il grande scienziato esule Albert Einstein, che scrisse su “Time Magazine” nel dicembre 1940: “Essendo un amante della libertà, quando avvenne la rivoluzione in Germania (il nazismo, nda) guardai con fiducia alle università sapendo che queste si erano sempre vantate della loro devozione alla causa della verità. Ma le università vennero zittite. Allora guardai ai grandi editori dei quotidiani che in ardenti editoriali proclamavano il loro amore per la libertà. Ma anche loro, come le università, vennero ridotti al silenzio, soffocati nell’arco di poche settimane. Soltanto la Chiesa si oppose pienamente alla campagna di Hitler mirante a sopprimere la verità. Non avevo mai avuto in precedenza un interesse particolare per la Chiesa, ma ora sento verso di essa una grande ammirazione, poiché la Chiesa sola ha avuto il coraggio e la perseveranza di difendere la verità intellettuale e la libertà morale. Devo dunque confessare: ciò che un tempo disprezzavo, ora io lodo incondizionatamente”.
Sigmund Freud in due lettere al figlio del 1938 espresse sentimenti analoghi. Di solito oggi non si ha questa lealtà. Se non raramente. Domina una sorda ostilità. Un odio pregiudiziale. Non si perdona alla Chiesa neanche la più piccola imperfezione degli uomini di Chiesa. Non si ammette che essi abbiano i difetti dei figli di questo mondo. Il mondo pretende dai cristiani tutta la perfezione che esso non ha. E così, involontariamente, rende il più grande omaggio alla Chiesa. Perché svela che solo lei non è cosa di questo mondo e le si può chiedere la perfezione, l’amore totale e assoluto. Che noi cristiani non abbiamo, ma che ha Lui, Gesù di Nazaret.
Antonio Socci
Da “Libero” 16 febbraio 2008
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